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Mediazione obbligatoria e diritti reali PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
lunedì 13 giugno 2016

Quali sono i diritti reali per i quali è necessario, prima della causa, procedere in mediazione obbligatoria?

 

I diritti reali figurano nell’elenco delle materie che richiedono, prima della causa innanzi al giudice, il previo obbligatorio esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Numerosi sono i dubbi interpretativi su quali siano, concretamente, le controversie rientranti nei diritti reali, posta l’ampiezza della materia.

Tra le cause che riguardano i diritti reali per le quali la mediazione è obbligatoria sono ricomprese:

·         quelle relative ai contratti di vendita di beni mobili o immobili quando l’oggetto della controversia è il diritto reale trasferito con il contratto stesso. È ad esempio il caso dell’azione giudiziale con cui si chiede l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo, delle azioni di annullamento, di risoluzione o di nullità del contratto di vendita;

·         quelle in cui l’attore chiede di accertare l’acquisto di un diritto reale per usucapione. L’accordo di mediazione che accerta l’usucapione può essere trascritto se la sottoscrizione del processo verbale è autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, tuttavia, la giurisprudenza di merito precisa che l’accordo di usucapione non è opponibile ai terzi che vantano diritti trascritti o iscritti prima della trascrizione dell’accordo stesso e che dal medesimo possano essere pregiudicati;

·         il procedimento di rilascio dell’immobile occupato senza titolo;

·         la servitù di passaggio, come nel caso in cui il titolare del fondo servente non consenta al titolare del fondo dominante l’esercizio della servitù;

·         il diritto di abitazione del coniuge superstite in caso di contestazione da parte degli eredi del titolare dell’immobile.

 

 

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Beni pignorati: solo alcuni professionisti possono vendere PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
domenica 12 giugno 2016

Cambierà presto la disciplina delle modalità con cui affidare gli incarichi per la vendita dei beni pignorati. Ecco come. 

 

I beni pignorati potranno essere venduti solo da alcuni professionisti abilitati: ogni tribunale dovrà avere un elenco e i requisiti cambiano. Ecco quanto approvato dal Senato nelle scorse ore.

 

Chi può vendere un bene pignorato?

L’elenco dei professionisti ammessi alla vendita di beni pignorati dovrà essere tenuto da ogni tribunale e i requisiti cambieranno presto. Sarà necessario che siano stati assolti gli obblighi di prima formazione, come stabiliti con un decreto, di natura non regolamentare, del ministro della Giustizia, che dovrà essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.

Sarà oggetto di verifica il fatto che tali obblighi siano stati assolti, inoltre il contenuto e le modalità di presentazione delle domande sarà anch’esso soggetto a specifiche check che sarà effettuato da una commissione, istituita presso le Corti d’Appello per la cui partecipazione non si prevede alcun tipo di indennità o retribuzione. La commissione terrà l’elenco, vigilerà sugli iscritti valuterà le domande di iscrizione adotterà i provvedimenti di cancellazione dall’elenco.

Chi verrà cancellato non potrà essere reinserito.

L’incarico della vendita potrà essere ancora affidato a professionisti esperti esterni all’elenco ma se ne dovrà fornire una motivazione precisa e analitica.

 

Corsi di aggiornamento per la vendita di beni pignorati

La normativa dà alla Scuola superiore della Magistratura, l’onere di elaborare le linee guida generale per la definizione dei programmi dei corsi di formazione e aggiornamento,  sentiti il Consiglio nazionale forense, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e il Consiglio nazionale notarile.

Il citato decreto del ministero della Giustizia, da adottare di concerto con il Mef, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, stabilirà gli importi delle quote individuali di partecipazione ai corsi di formazione e di aggiornamento previsti dalla nuova normativa.

 

 

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Pignoramento casa: stop alla quarta asta PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
domenica 12 giugno 2016

Dopo il quarto tentativo, a prezzo libero e senza proprietario in casa, il creditore non può più pignorare il bene immobile. Tutte le novità sul pignoramento immobiliare.

Tempi duri per i debitori che si vedono pignorare la casa, ma anche per i creditori che sul bene vorrebbero rivalersi: il processo civile si riforma e sono dolori per entrambe le parti. Vi daremo evidenza dei principali cambiamenti, ma prima partiamo dalla normativa precedente, per apprezzare adeguatamente le differenze introdotte.

Procedure esecutive immobiliari: come funzionava sino ad oggi

La norma vigente prima del processo di riforma  [1] aveva previsto che il giudice, esperito il terzo tentativo di asta in maniera infruttuosa, potesse (e sottolineamo che si trattava, appunto, di una possibilità) dare luogo all’estinzione dell’esecuzione forzata, e solo nel caso in cui, citando la normativa “non risulti più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura”, delle probabilità di vendita del bene e del presumibile valore di realizzo (leggi: “Pignoramento casa: se non si vende all’asta l’esecuzione termina”).

In questo senso come vedremo di seguito, la normativa introdotta con la riforma del processo civile cambia completamente la prospettiva con una serie di modifiche fondamentalmente semplici, ma di grande effetto.

Aste giudiziarie per pignoramento della casa: stop al quarto tentativo

La novità fondamentale contenuta nella riforma del processo civile, prevede una durata massima delle procedure esecutive immobiliari che non potranno contare più di quattro aste. Andato deserto anche l’ultimo esperimento di vendita, il pignoramento immobiliare si chiuderà e la casa tornerà al debitore. Ecco dunque le principali modifiche:

·         il giudice non può ma deve chiudere il processo alla quarta asta infruttuosa;

·         il numero di aste possibili, (precedentemente non stabilito) viene definitivamente portato a quattro, appunto;

·         non ci sono condizioni che mettano un limite a che tale chiusura operi (non rileva più la possibilità di “conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori”).

·         il quarto tentativo è a prezzo libero e, in caso di mancata partecipazione, il pignoramento immobiliare si estingue.

Aste giudiziarie: quando il debitore deve liberare la casa

Ci sono poi altre novità di rilievo, che vale la pena di sottolineare.

·         La riforma rende obbligatoria la vendita dei beni immobili con modalità telematiche (salvo che sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura), questo rende il procedimento più trasparente e sicuro per entrambe le;

·         al quarto tentativo il debitore deve liberare la casa per rendere il bene più appetibile ed evitare che la condizione di permanenza nell’immobile scoraggi l’acquisto. Questa condizione tuttavia non vale nel caso di prima casa;

·         La riforma prevede che vengano resi impignorabili i beni mobili del debitore di uso quotidiano, privi di apprezzabile valore di mercato;

·         I beni indivisi in comunione possono essere espropriati mediante pignoramento dell’intero e restituzione al coniuge non debitore della metà del controvalore del bene, al lordo delle spese di liquidazione;

·         Se all’esito del quarto tentativo non vengono presentate offerte di acquisto, il giudice dichiara la chiusura anticipata del pignoramento, l’immobile viene restituito al debitore e l’esecuzione forzata termina anche se il bene è rimasto invenduto. Il creditore dovrà trovare beni differenti da sottoporre a pignoramento;

·         Stante quanto sopra, se il creditore pignorasse lo stesso immobile appena liberato dal giudice, si configurerebbe probabilmente un abuso del diritto.

Aste giudiziarie: non si paga neanche l’imposta di registro

Il combinato disposto della riforma del processo civile e degli incentivi governativi di ultima previsione, fanno sì che il quarto tentativo sia particolarmente conveniente per la vendita. Nel caso si arrivi difatti all’esperimento dell’ultimo tentativo, difatti, come abbiamo visto il prezzo sarà libero, ma a ciò potrà aggiungersi anche l’annullamento l’imposta di registro precedentemente pari al 9% dell’immobile. Questo annullamento vige non solo per il quarto tentativo, ma in generale in tutti i casi un cui acquistando casa da un’asta giudiziaria, la stessa venga rivenduta entro due anni. Dunque, la possibilità di un’asta senza prezzo base in concomitanza con il citato bonus fiscale dovrebbe rendere più facile la liquidazione del bene pignorato.

 

 

[1] Art. 164 bis disp. att. cod. proc. civ.

 

 

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Pignoramento casa: stop alla quarta asta PDF Stampa E-mail
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domenica 12 giugno 2016

Dopo il quarto tentativo, a prezzo libero e senza proprietario in casa, il creditore non può più pignorare il bene immobile. Tutte le novità sul pignoramento immobiliare.

Tempi duri per i debitori che si vedono pignorare la casa, ma anche per i creditori che sul bene vorrebbero rivalersi: il processo civile si riforma e sono dolori per entrambe le parti. Vi daremo evidenza dei principali cambiamenti, ma prima partiamo dalla normativa precedente, per apprezzare adeguatamente le differenze introdotte.

Procedure esecutive immobiliari: come funzionava sino ad oggi

La norma vigente prima del processo di riforma  [1] aveva previsto che il giudice, esperito il terzo tentativo di asta in maniera infruttuosa, potesse (e sottolineamo che si trattava, appunto, di una possibilità) dare luogo all’estinzione dell’esecuzione forzata, e solo nel caso in cui, citando la normativa “non risulti più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura”, delle probabilità di vendita del bene e del presumibile valore di realizzo (leggi: “Pignoramento casa: se non si vende all’asta l’esecuzione termina”).

In questo senso come vedremo di seguito, la normativa introdotta con la riforma del processo civile cambia completamente la prospettiva con una serie di modifiche fondamentalmente semplici, ma di grande effetto.

Aste giudiziarie per pignoramento della casa: stop al quarto tentativo

La novità fondamentale contenuta nella riforma del processo civile, prevede una durata massima delle procedure esecutive immobiliari che non potranno contare più di quattro aste. Andato deserto anche l’ultimo esperimento di vendita, il pignoramento immobiliare si chiuderà e la casa tornerà al debitore. Ecco dunque le principali modifiche:

·         il giudice non può ma deve chiudere il processo alla quarta asta infruttuosa;

·         il numero di aste possibili, (precedentemente non stabilito) viene definitivamente portato a quattro, appunto;

·         non ci sono condizioni che mettano un limite a che tale chiusura operi (non rileva più la possibilità di “conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori”).

·         il quarto tentativo è a prezzo libero e, in caso di mancata partecipazione, il pignoramento immobiliare si estingue.

Aste giudiziarie: quando il debitore deve liberare la casa

Ci sono poi altre novità di rilievo, che vale la pena di sottolineare.

·         La riforma rende obbligatoria la vendita dei beni immobili con modalità telematiche (salvo che sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura), questo rende il procedimento più trasparente e sicuro per entrambe le;

·         al quarto tentativo il debitore deve liberare la casa per rendere il bene più appetibile ed evitare che la condizione di permanenza nell’immobile scoraggi l’acquisto. Questa condizione tuttavia non vale nel caso di prima casa;

·         La riforma prevede che vengano resi impignorabili i beni mobili del debitore di uso quotidiano, privi di apprezzabile valore di mercato;

·         I beni indivisi in comunione possono essere espropriati mediante pignoramento dell’intero e restituzione al coniuge non debitore della metà del controvalore del bene, al lordo delle spese di liquidazione;

·         Se all’esito del quarto tentativo non vengono presentate offerte di acquisto, il giudice dichiara la chiusura anticipata del pignoramento, l’immobile viene restituito al debitore e l’esecuzione forzata termina anche se il bene è rimasto invenduto. Il creditore dovrà trovare beni differenti da sottoporre a pignoramento;

·         Stante quanto sopra, se il creditore pignorasse lo stesso immobile appena liberato dal giudice, si configurerebbe probabilmente un abuso del diritto.

Aste giudiziarie: non si paga neanche l’imposta di registro

Il combinato disposto della riforma del processo civile e degli incentivi governativi di ultima previsione, fanno sì che il quarto tentativo sia particolarmente conveniente per la vendita. Nel caso si arrivi difatti all’esperimento dell’ultimo tentativo, difatti, come abbiamo visto il prezzo sarà libero, ma a ciò potrà aggiungersi anche l’annullamento l’imposta di registro precedentemente pari al 9% dell’immobile. Questo annullamento vige non solo per il quarto tentativo, ma in generale in tutti i casi un cui acquistando casa da un’asta giudiziaria, la stessa venga rivenduta entro due anni. Dunque, la possibilità di un’asta senza prezzo base in concomitanza con il citato bonus fiscale dovrebbe rendere più facile la liquidazione del bene pignorato.

 

 

[1] Art. 164 bis disp. att. cod. proc. civ.

 

 

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Mediazione obbligatoria e condominio PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
domenica 12 giugno 2016

Il condominio: tutti i casi in cui è necessario, prima della causa, procedere in mediazione obbligatoria.

 

Tra le materie per le quali la legge prevede, come condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, la mediazione obbligatoria vi sono le controversie in materia di condominio. Si tratta di una nozione particolarmente ampia e generica, che potrebbe far sorgere dubbi per quelle che sono le inevitabili zone d’ombra e di confine con altre discipline.

 

Cosa si intende per “materia condominiale”?

La legge sulla mediazione obbligatoria [1], nel parlare di materia condominiale si riferisce a tutte quelle liti derivanti dal mancato rispetto o dall’errata applicazione delle disposizioni relative al condominio contenute nel codice civile (in particolare agli artt. 1117-1139 e artt. 62-69 disp. att. c.c. richiamati dall’art. 71 quater disp. att. c.c.). Tale norma specifica che “per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice “.

Mentre sono soggette al procedimento di mediazione le liti tra Condominio e condomini e quelle tra quest’ultimi ed amministratore, ne restano invece escluse le controversie in cui il Condominio venga a contrapporsi ad un soggetto terzo (si pensi, ad esempio, all’appaltatore nel quadro di una lite insorta a seguito della stipulazione di un appalto di lavori condominiali).

Ad esempio rientrano tra le liti condominiali le seguenti materie:

·         esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini e l’osservanza del regolamento di condominio;

·         uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune;

·         riscossione dei contributi e l’erogazione delle spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;

·         compimento degli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio;

·         rendiconto della gestione;

·         mancato pagamento dei compensi professionali in favore dell’amministratore [2].

 

La riscossione delle quote di condominio

Non è richiesta la mediazione obbligatoria per le controversie relative alla riscossione dei contributi dovuti dai singoli condomini, pur ricadendo indubbiamente le stesse nella materia condominiale. E ciò perché la relativa pretesa è azionabile con il ricorso per decreto ingiuntivo, per il quale la predetta condizione, per espressa previsione di legge, opera solo nell’eventuale fase del giudizio di opposizione e solo dopo la pronuncia “sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.

In tale ipotesi l’obbligatorietà della mediazione resta “sospesa” fino a quando il giudice del giudizio ordinario, avviato con l’opposizione, non avrà deciso se concedere oppure no la provvisoria esecutorietà al decreto ingiuntivo. L’avvocato del condòmino destinatario del decreto ingiuntivo, contemporaneamente all’avvio dell’opposizione – indispensabile per evitare che divenga esecutivo –, deposita anche domanda di mediazione, anticipando in qualche modo i tempi ordinari. In questo modo, visti i tempi di gestione dei procedimenti di mediazione, è possibile trovare un accordo prima ancora che si tenga la prima udienza in Tribunale e la causa sia abbandonata.

 

L’autorizzazione dell’assemblea

Al procedimento di mediazione il condominio è legittimato a partecipare nella persona dell’amministratore, che dovrà comunque essere assistito necessariamente da un avvocato. L’amministratore può partecipare al procedimento di mediazione solo se l’assemblea condominiale lo ha autorizzato con delibera presa a maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno 1/2 del valore dell’edificio [3]. Qualora i termini di comparizione davanti al mediatore non consentano di assumere la predetta delibera assembleare, allora il mediatore stesso dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.

Oltre ad autorizzare la partecipazione dell’amministratore, l’assemblea, sempre con le predette maggioranze, è tenuta a deliberare in merito alla proposta di conciliazione formulata dal mediatore e poi sottoposta dall’amministratore all’organo assembleare per l’accettazione o il rifiuto. A tal fine, anche in tal caso il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione avuto riguardo alla necessità per l’amministratore di munirsi della predetta delibera assembleare. La proposta si intende comunque non accettata se in sede assembleare non viene raggiunta la prescritta maggioranza legale.

 

La sede dell’organismo di mediazione

Per le controversie in materia di condominio la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.

 

La mediazione e il condominio

La domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda.

Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.

L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di tre mesi di durata massima del procedimento. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello.

 

Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale (art. 5 comma 3).

Prescrizione. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale presso la segreteria dell’organismo.

Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi. Il termine decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa.

Conciliazione. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13 sulle spese del procedimento.

La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.

 

[1] La previsione dettata dal citato D.lgs. n. 28 del 2010 deve raccordarsi con la specifica disciplina recata dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, recante la riforma dell’istituto condominiale, ed il cui art. 25 ha introdotto il nuovo art. 71-quater disp. att. cod. civ.

[2] Trib. Bari sent. del 26.05.2014.

[3] Art. 71 quater co. 3 disp. att. cod. civ.

 

 

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