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Titoli di credito: classificazione e trasferimento PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
venerdì 29 luglio 2016

Il legislatore classifica i titoli di credito in tre tipologie: titoli al portatore; titoli all’ordine; titoli nominativi.

I titoli di credito possono essere distinti in tre tipologie:

·         titoli al portatore;

·         titoli all’ordine;

·         titoli nominativi.

La circolazione dei titoli di credito è diversa a seconda che essi siano al portatore, all’ordine o nominativi.

Titoli al portatore

I titoli al portatore si trasferiscono con la consegna del documento (art. 2003 c.c.).

Titoli all’ordine

I titoli all’ordine si trasferiscono con la consegna del documento e la girata (artt. 2008 e 2011 c.c.), che consiste nell’ordine scritto sul titolo dal trasmittente (girante), di eseguire la prestazione a favore di colui al quale il titolo è trasferito (giratario).

Il possessore di un titolo all’ordine è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato in base a una serie continua di girate (art. 2008 c.c.). La girata deve essere scritta sul titolo e sottoscritta dal girante ed è valida anche se non contiene l’indicazione del giratario. La girata al portatore vale come girata in bianco (art. 2009 c.c.).

Qualsiasi condizione apposta alla girata si ha come non scritta.

È nulla la girata parziale (2010 c.c.).

La girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo. Se il titolo è girato in bianco, il possessore può riempire la girata col proprio nome o con quello di altra persona, ovvero può girare di nuovo il titolo o trasmetterlo a un terzo senza riempire la girata o senza apporne una nuova (2011 c.c.).

Salvo diversa disposizione di legge o clausola contraria risultante dal titolo, il girante non è obbligato per l’inadempimento della prestazione da parte dell’emittente (2012 c.c.).

Se alla girata è apposta una clausola che importa conferimento di una procura per incasso, il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma non può girare il titolo, fuorché per procura.

L’emittente può opporre al giratario per procura soltanto le eccezioni opponibili al girante.

L’efficacia della girata per procura non cessa per la morte o per la sopravvenuta incapacità del girante (2013 c.c.).

Se alla girata è apposta una clausola che importa costituzione di pegno, il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma la girata da lui fatta vale solo come girata per procura.

L’emittente non può opporre al giratario in garanzia le eccezioni fondate sui propri rapporti personali col girante, a meno che il giratario, ricevendo il titolo, abbia agito intenzionalmente a danno dell’emittente (art. 2014 c.c.).

L’acquisto di un titolo all’ordine con un mezzo diverso dalla girata produce gli effetti della cessione (2015 c.c.).

In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, circostanze particolarmente problematiche trattandosi di titoli all’ordine, il possessore può farne denunzia al debitore e chiedere l’ammortamento del titolo.

Titoli nominativi

Diverse sono le regole applicabili ai titoli nominativi. Il possessore di un titolo nominativo è legittimato all’esercizio del diritto in esso menzionato per effetto dell’intestazione a suo favore contenuta nel titolo e nel registro dell’emittente (art. 2021 c.c.).

Il trasferimento del titolo nominativo si opera mediante l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e nel registro dell’emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare. Del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro.

Colui che chiede l’intestazione del titolo a favore di un’altra persona, o il rilascio di un nuovo titolo ad essa intestato, deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio.

Se l’intestazione o il rilascio è richiesto dall’acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico.

Le annotazioni nel registro e sul titolo sono fatte a cura e sotto la responsabilità dell’emittente.

L’emittente che esegue il trasferimento nei modi indicati dal presente articolo è esonerato da responsabilità, eccettuato il caso in cui versi in colpa (art. 2022 c.c.).

Salvo diverse disposizioni della legge, il titolo nominativo può essere trasferito anche mediante girata autenticata da un notaio o da un agente di cambio.

La girata deve essere datata e sottoscritta dal girante e contenere l’indicazione del giratario. Se il titolo non è interamente liberato, è necessaria anche la sottoscrizione del giratario.

Il trasferimento mediante girata non ha efficacia nei confronti dell’emittente fino a che non ne sia fatta annotazione nel registro. Il giratario che si dimostra possessore del titolo in base ad una serie continua di girate ha diritto di ottenere l’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente (art. 2023 c.c.).

Nessun vincolo sul credito produce effetti nei confronti dell’emittente e dei terzi, se non risulta da una corrispondente annotazione sul titolo e nel registro (art. 2024 c.c.).

La costituzione in pegno di un titolo nominativo può farsi anche mediante consegna del titolo, girato con la clausola “in garanzia” o altra equivalente.

Il giratario in garanzia non può trasmettere ad altri il titolo se non mediante girata per procura (art. 2026 c.c.).

In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, l’intestatario o il giratario di esso può farne denunzia all’emittente e chiedere l’ammortamento del titolo in conformità delle norme relative ai titoli all’ordine.

L’ammortamento estingue il titolo, ma non pregiudica le ragioni del detentore verso chi ha ottenuto il nuovo titolo (art. 2027 c.c.).

 

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Cosa sono le cambiali in bianco? PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
venerdì 29 luglio 2016

Le lacune della cambiale in bianco dovranno essere riempite conformemente agli accordi presi. Il termine fissato dalla legge per la compilazione della cambiale è di tre anni dall’emissione.

Si ha una “cambiale in bianco” quando essa viene emessa con lacune da riempire.

L’emissione di una cambiale (o di un vaglia cambiario) in bianco, accompagnata da un accordo diretto a riempire le lacune, è lecita e valida, ma se una cambiale, incompleta quando fu emessa, viene completata contrariamente agli accordi interceduti, l’inosservanza di tali accordi non può essere opposta al portatore, a meno che questi abbia acquistato la cambiale in mala fede, ovvero abbia commesso colpa grave acquistandola.

Il portatore decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco dopo tre anni dal giorno dell’emissione del titolo.

Tale decadenza non è opponibile al portatore di buona fede, al quale il titolo sia pervenuto già completo (art. 14 L.C.).

Si è anche sostenuto che l’emissione di un titolo, oggettivamente cambiario, in bianco, accompagnato da un accordo diretto a riempirne le lacune, è lecita e valida e validamente il portatore può esercitare il potere di riempimento, facendo acquisire al titolo medesimo il valore di cambiale. La contrarietà del riempimento agli accordi non comporta la mancata acquisizione del valore di cambiale da parte del titolo, ma soltanto l’opponibilità della violazione del patto di riempimento al solo portatore di mala fede (Cass., 14 novembre 1996, n. 10007).

 

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Come sono organizzate le Centrali Rischi? PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
venerdì 29 luglio 2016

La gestione delle cd. centrali rischi private, che offrono un servizio d’informazione indirizzato principalmente verso gruppi bancari o creditizi, è stato oggetto di attenzione da parte del Garante sin dalla prima applicazione della legge n. 675 del 1996.

La pronuncia dell’Authority del 12 ottobre 1998 (In bollettino n. 6, pag. 115 — v. anche www.garanteprivacy.it: doc. n. 42256) abbia precisato che è consentito agli interessati di esercitare i diritti contemplati dall’art. 13 della legge n. 675 del 1996. Sul tema il Garante è poi tornato per ribadire che i dati personali dell’interessato detenuti da una cd. centrale rischi privata attestanti omissioni o ritardi nei pagamenti, ove si rilevino errati o inesatti, possono essere oggetto dell’istanza formulata al titolare ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675 del 1996 e del successivo ricorso di cui all’art. 29 della legge al fine della loro cancellazione, aggiornamento o rettifica (Garante 28 novembre 2001, in bollettino n. 23, pag. 60 — v. anche www.garanteprivacy.it: doc. n. 39793) e che nell’ipotesi di estinzione di un contratto di finanziamento, con conseguente totale soddisfacimento dei diritti del creditore, la conservazione, da parte di una centrale rischi privata, dei dati personali del debitore ed eventualmente del fidejussore, ove protrattasi per un quinquennio dalla data di estinzione del rapporto, deve essere ritenuta — anche sse assistita da originario consenso dell’interessato — sproporzionata ed eccedente rispetto alla finalità perseguita all’atto del trattamento. Di conseguenza, deve trovare accoglimento l’istanza di cancellazione dei dati avanzata dall’interessato (Garante 27 dicembre 2001, in bollettino n. 23, pag. 77 — v. anche www.garanteprivacy.it: doc. n. 39696).

L’attenzione sul tema delle centrali rischi private e la delicatezza del medesimo ha portato l’Authority ad emanare, con provvedimento iscritto in data 16 novembre 2004 al n. 8 del registro delle deliberazioni, uno specifico Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità dei pagamenti (Allegato A.5 del Codice), pubblicato in G.U. n 300 del 23 dicembre 2004 e modificato dall’errata corrige pubblicata sulla G.U. n. 56 del 9 marzo 2005.

Nel Codice deontologico il Garante ha precisato che il trattamento dei dati personali nei sistemi di informazione creditizia richiede, secondo le previsioni del Codice, il consenso libero e informato degli interessati (art. 23) o la sussistenza degli altri presupposti di liceità alternativi rispetto ad esso (art. 24).

L’Autorità ha ritenuto, però, opportuno dare attuazione all’istituto del bilanciamento di interessi (previsto dall’art. 24, comma 1, lett. g) del Codice) individuando i casi in cui il predetto trattamento potrà avvenire anche a prescindere dal consenso dell’interessato ed al solo fine di perseguire interessi legittimi del titolare. Con riferimento al trattamento dei dati personali relativi all’affidabilità e puntualità dei pagamenti nel settore della telefonia (con particolare riguardo agli operatori del settore telefonico e ai rappresentanti dei consumatori), il Garante ha avviato un supplemento di consultazione pubblica rivolta ai soggetti interessati.

In passato si sono verificati casi di persone che si sono rivolte al Garante contestando la circostanza di essere menzionate nelle “centrali rischi” private a causa di ritardi o mancati pagamenti non di mutui, prestiti o finanziamenti, ma di bollette telefoniche. Il Garante ha accolto i ricorsi proposti ritenendo che si trattasse di dati diversi e trattati per finalità ben differenti da quelle relative al rischio creditizio alla base dei nuovi sistemi di informazione creditizia (Sic) nati dal Codice deontologico del 2004 in materia di credito al consumo.

In occasione del varo di questo Codice è stata rilevata l’esigenza di un approfondimento relativo appunto al settore della telefonia e la consultazione mira a completare il materiale disponibile, soprattutto con riferimento alle società telefoniche.

Proprio per verificare la possibilità di una disciplina integrativa dell’uso di questi dati, e le modalità proporzionate della loro utilizzazione, nonché in considerazione dei milioni di cittadini coinvolti, il Garante ha ritenuto opportuno utilizzare la consultazione pubblica già sperimentata positivamente. Gli attuali sistemi di informazioni creditizie detengono delicate informazioni relative ai cittadini che chiedono un prestito personale, un mutuo, un finanziamento per l’acquisto di beni di consumo (un’autovettura, un elettrodomestico ecc.).

Sono grandi banche dati, costituite per verificare l’affidabilità e la puntualità nei pagamenti, il rischio di sovraindebitamento e le eventuali morosità dei cittadini, alle quali accedono i vari operatori finanziari prima di concedere un prestito, un mutuo o un finanziamento. Il Garante ha invitato, dunque, associazioni di utenti e consumatori, operatori dei settori interessati e singoli cittadini a far pervenire elementi di valutazione e osservazioni.

Per semplificare e favorire la celerità dei lavori l’Ufficio del Garante ha messo a disposizione delle categorie interessate uno schema in cui sono indicati i vari argomenti (categorie di dati trattati, tempi di conservazione, soggetti che vi hanno

accesso, misure di sicurezza) sui quali si chiede un contributo. L’iniziativa trae origine dalle previsioni contenute negli artt. 12 e 117 del Codice Privacy (d.lgs. n. 196/2003) e nella deliberazione del Garante n. 2 del 10 aprile 2002, che ha ampliato i compiti dell’Autorità in materia di codici deontologici, nonché dalle considerazioni emerse all’esito dell’approvazione definitiva del Codice deontologico sulle cd. centrali rischi private, avvenuta il 26 ottobre 2004 (G.U. 23 dicembre 2004, n. 300).

In occasione dei lavori per la sottoscrizione del citato Codice sulle centrali rischi private, infatti, il Garante, benché abbia escluso di includere tra i soggetti partecipanti alle medesime centrali rischi i gestori telefonici, ha, comunque, riconosciuto le esigenze di questi ultimi ad individuare un modello specifico di accesso alle informazioni per la verifica dell’affidabilità e puntualità dei pagamenti nel settore della telefonia.

IN PRATICA

Con riferimento alle centrali Rischi private, il Codice della privacy richiede che il trattamento dei dati personali possa essere effettuato solamente previo consenso libero e informato degli interessati o stante la sussistenza di presupposti di liceità alternativi ad esso.

Il legislatore ha comunque previsto deroghe a tale principio, individuando i casi in cui il trattamento dei dati potrà avvenire anche a prescindere dal consenso dell’interessato ma al solo fine di perseguire interessi legittimi del titolare.

 

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Conti corrente di parente defunto: come riavere i soldi PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
venerdì 29 luglio 2016

Conti dormienti: che succede quando si scopre che un familiare deceduto ha dei soldi in banca? Cosa bisogna fare per recuperarli? E conviene, a volte, rinunciare all’eredità?

Un bel giorno uno si sveglia e scopre di essere potenzialmente ricco, perché quel parente deceduto tempo fa, di cui ormai ci si ricorda solo il 2 novembre, ha lasciato i suoi soldi in banca. Soldi che nessuno ha reclamato, perché nessuno era al corrente della loro esistenza ed il conto in cui erano stati depositati è diventato ormai un conto dormiente. E’ possibile recuperare il patrimonio di un familiare defunto anche anni dopo la sua scomparsa? La risposta è “sì”. Conviene sempre? La risposta è “dipende”.

E’ probabile che l’erede venga a sapere di quel conto corrente (o di eventuali titoli di Stato, investimenti assicurativi e quant’altro) per puro caso. Ad esempio quando la banca bussa alla sua porta 10 anni dopo il decesso per avvertirlo che, trattandosi di un rapporto dormiente, i soldi del caro estinto stanno passando all’apposito Fondo del Ministero dell’Economia alimentato dai conti non movimentati per un decennio.

Quali documenti per recuperare i soldi

Se si scopre che i soldi di un parente defunto riposano in un conto dormiente, l’erede deve comunicare alla banca il proprio diritto a subentrare come titolare del conto. Sarà necessario portare un certificato di morte del familiare e una copia registrata presso l’Agenzia delle Entrate della dichiarazione di successione. Ad ogni modo, è opportuno chiedere all’istituto di credito i conteggi di tutte le posizioni intestate al defunto, attive alla data del decesso e rivalutate alla data dell’apertura della successione. Questo documento verrà allegato alla documentazione da presentare per la registrazione della successione presso l’Agenzia delle Entrate.

Concluso l’iter e consegnati i documenti alla banca, l’erede entrerà in possesso di quanto lasciato dal familiare defunto. Il conto dormiente si sarà, finalmente, risvegliato.

Conviene risvegliare il conto dormiente di un parente defunto?

Scoprire che un familiare defunto ha lasciato i soldi in banca non è sempre un affare. Se la cifra è molto alta, allora c’è da festeggiare. Se, invece, è modesta, a volte sono più le grane che i guadagni. E allora bisogna fare bene i conti per sapere se il gioco vale la candela.

Può succedere che a bussare alla porta dell’erede per informarlo dei soldi lasciati dal parente deceduto non sia la banca ma il Fisco. E che, come già accaduto, lo faccia per contestare le tasse non pagate su quel patrimonio.

Infatti, per legge, la banca non è obbligata a contattare una persona per dirle che ha ereditato dei soldi. Così si può restare completamente all’oscuro del denaro lasciato da un familiare. Ma in questo caso, bisogna dimostrare allo Stato di non esserne stato al corrente. In altre parole, di avere agito in buona fede.

Resta di fatto che l’erede, oltre ai soldi, si prende anche i debiti del parente defunto [1]. E che, se il patrimonio lasciato dal caro estinto non bastasse per assolvere quei debiti, l’erede dovrà metterci di tasca sua. Inoltre, in ambito tributario, la legge [2] prevede che gli eredi siano responsabili in solido e non per quota ereditaria. Questo vuol dire che il Fisco ha la facoltà di chiedere a ciascun erede di corrispondere all’intero debito del defunto. Restano escluse le sanzioni comminate al parente deceduto: gli eredi, infatti, rispondono soltanto del capitale e dei relativi interessi.

E’ per questo che conviene prendere la calcolatrice e valutare bene se è il caso di mettere le mani sui soldi lasciati da un familiare deceduto in un conto dormiente o lasciarli riposare…in pace presso le casse dello Stato, dove sarebbero, comunque, finiti se i debiti e le tasse superassero (o quasi) il capitale. E’ possibile, infatti, rinunciare all’eredità per non rispondere dei debiti del defunto. Oppure accettarla con il beneficio di inventario, presentando una dichiarazione fatta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale di zona competente. Questa ipotesi comporta una limitazione della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti entro il valore massimo dell’eredità ricevuta. Significa che se ricevo 10.000 euro e l’ammontare del debito è superiore, pagherò ai creditori 10.000 euro senza toccare il mio patrimonio. Tanto vale, allora, che lo Stato se li prenda direttamente dal conto dormiente senza scomodarmi.

 

[1] Artt. 752 e ss. cod. civ.

[2] Art. 65 D.P.R. n. 600/73.

 

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Fallimento del consumatore: estingui i debiti in pochi passi PDF Stampa E-mail
Consulenza Legale
mercoledì 27 luglio 2016

Anche il consumatore può “fallire” e accedere ad una procedura con cui estinguere tutti i debiti: ecco come funziona.

Esiste un fallimento per il consumatore? La risposta è: nella pratica, sì.

Non tutti sanno che “fallire”, da qualche tempo, non è una prerogativa degli imprenditori. Se per fallimento difatti si intende l’impossibilità di far fronte ai debiti contratti, allora può essere “dichiarato fallito” anche un consumatore. In questi caso il debitore però può chiedere di essere inserito in una procedura di “esdebitamento” ovvero un percorso di ristrutturazione del debito attraverso il quale egli si può liberare dalle pendenze e ricominciare a organizzare la propria vita.

La legge prende le mosse da una disposizione già presente nella Legge Fallimentare [1], ma la grande novità inserita nel 2012 è la possibilità che il processo di liberazione del debito possa avvenire ora anche per il consumatore.

Vediamo come funziona.

Quali sono le condizioni del cosiddetto “fallimento del consumatore”

Il fallimento del consumatore si verifica quando questi non può più far fronte ai debiti contratti e soddisfare tutti i creditori.

Egli può dunque depositare presso il tribunale ove ha residenza un piano di pagamento attraverso cui ristrutturare il debito, soddisfacendo – almeno in parte – le pretese dei creditori ed estinguere tutti i suoi debiti.

Cosa deve indicare il piano di esdebitamento

Nel piano di esdebitamento che viene depositato al giudice, il debitore  Il piano deve indicare:

·         ricostruzione della situazione economica e patrimoniale

·         ragioni dell’incapacità del debitore di far fronte ai debiti

·         scadenze, modalità ed eventuali garanzie

·         cause dell’indebitamento

·         resoconto sulla sua solvibilità negli ultimi cinque anni

·         eventuale esistenza di atti impugnati dai creditori.

Stante che il piano nasce per permettere la ristrutturazione del debito, non sarà necessario che esso preveda il soddisfacimento integrale di tutti i debitori. Mentre i crediti tributari e previdenziali vanno pagati integralmente, di fatto si può proporre il pagamento di tutti gli altri creditori in misura percentuale.

Fallimento del consumatore: in quali casi il giudice accetta il piano?

Perché il giudice accetti il piano e ammetta dunque il debitore alla procedura, questi dovrà dimostrare che il piano è concretamente realizzabile e che le cause del suo indebitamento non sono riconducibili a colpe del debitore quanto piuttosto causate da forza maggiore, da avvenimenti che non dipendono dal debitore stesso (ad esempio da licenziamento o dalla malattia).

Per sapere di più sulla procedura di presentazione del piano, ti consigliamo di consultare il nostro approfondimento: Sovraindebitamento: esdebitazione consumatori e legge salva suicidi.

Esdebitamento: nel fallimento del consumatore i creditori devono accettare il piano

Il piano di pagamento viene presentato ai creditori in un’unica udienza fissata dal giudice, i quali dovranno votare se accettare oppure no.

Perché il piano diventi operativo, il procedimento deve essere votato favorevolmente da creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti complessivi. In questo caso il piano viene approvato e vincola tutti i creditori (non solo dunque quelli che lo hanno votato).La proposta viene dunque omologata dal giudice.

Quali sono i vantaggi del fallimento del consumatore?

Il primo vantaggio è quello di liberarsi dalla costante minaccia dell’ufficiale giudiziario che bussa alla porta di casa, senza contare il costo ulteriore che quella condizione genera in termini di spese legali conseguenti alle azioni esecutive intraprese dai creditori.

Ma esistono anche vantaggi operativi:

·         i debiti vengono pagati in misura minore;

·         i crediti privilegiati possono essere sospesi anche sino ad un anno;

·         si sospendono tutte le procedure esecutive durante il piano di pagamento (dunque nessun pignoramento o espropriazione);

·         si può prevedere un percorso di vendita guidata (dal tribunale) dei beni, a soddisfacimento dei crediti;

·         infine nel momento in cui il piano viene pagato per intero, il debitore è libero da ogni debito.

[1] L. n. 3 del 27.01.2012.

 

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