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Crisi da sovraindebitamento e piano del consumatore: la meritevolezza del debitore PDF Stampa E-mail
Scritto da Nicola Tartaglia   
giovedì 02 giugno 2016

Il confronto tra due provvedimenti di omologa di Piano del Consumatore, consente di capire il concetto di “meritevolezza” del debitore e di valutarne l’importanza.

 

In tutte le procedure previste dalla Legge 3/2012 per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, l’elemento principale di valutazione delle proposte è l’ottenimento della migliore soddisfazione possibile per i creditori. Non a caso, però, questa Legge è stata chiamata anche “Legge salva suicidi”.

E’ evidente, infatti, che la Legge 3/2012 ha anche lo scopo di alleviare le condizioni di vita dei debitori e di consentire loro di armonizzare al meglio i propri flussi di entrata e di uscita.

In questa ottica, soprattutto per il Piano del Consumatore, assume importanza cruciale la valutazione della “meritevolezza” del debitore.

La Legge prevede, infatti, che il giudice, nella sua decisione, debba tenere conto:

1.      Delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere volontariamente le obbligazioni;

2.      Delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte [1].

Questi due elementi vengono congiuntamente indicati come “meritevolezza” del debitore.

Due decisioni di omologa del piano del consumatore, una emessa dal Tribunale di Lucca [2], l’altra emessa dal Tribunale di Livorno [3], consentono di comprendere l’importanza di questo concetto e gli effetti che può produrre sul risultato finale dell’accordo.

Entrambe le proposte sono state presentate da consumatori che si sono rivolti a una associazione di tutela dei debitori e prevenzione usura e questo, è stato positivamente valutato da entrambi i giudici, i quali hanno visto in questa scelta la presa di coscienza del consumatore, della pericolosità della propria situazione finanziaria.

Entrambe le proposte sono state presentate da padri di famiglia (nuclei di 4 persone), lavoratori dipendenti, con una massa debitori di circa 250.000 euro.

In entrambi i casi, circa la metà del debito era costituita dal mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’abitazione di residenza del nucleo familiare. L’altra metà dei debiti, invece, era nei confronti di banche e società finanziarie per l’uso di carte di credito e per finanziamenti personali.

Entrambi i proponenti potevano contare su un reddito familiare mensile di circa 3.000 euro.

Si trattava, quindi, di posizioni di partenza molto simili. Quello che cambiava profondamente era, invece, il concetto di “meritevolezza” del debitore.

 

Il consumatore di Lucca si era indebitato per le seguenti ragioni (riportate nella relazione dell’O.C.C.).

Entrambi i suoi figli sono stati affetti, fin da bambini, da una malattia genetica che causava loro l’insorgenza di masse tumorali e, per questo, hanno subito lunghi periodi di degenza ospedaliera e numerosi interventi chirurgici.

Nel tentativo di garantire ai suoi figli le cure migliori, il consumatore si era rivolto ai più importanti specialisti in Italia e all’Estero, sostenendone la spesa.

La particolare situazione di stress determinata da una tale lotta, durata anni, gli aveva fatto perdere il lavoro.

In questa situazione il consumatore lucchese aveva accumulato l’ingente massa di debiti e, pur avendo trovato un nuovo lavoro, non riusciva a fronteggiare le azioni esecutive promosse dei creditori (in particolare la vendita della casa).

Il consumatore era stato in grado di documentare tutta la vicenda e di collegare cronologicamente le diverse accensioni di debiti con la necessità di pagare le spese mediche per i figli.

 

Il consumatore di Livorno, invece, si era indebitato per ragioni diverse (anche queste accertate dall’O.C.C.).

Egli, infatti, contando su un proprio capitale disponibile e stipulando un mutuo, aveva deciso di acquistare una abitazione di residenza molto grande e molto bella, in una delle zone più belle e panoramiche della costa livornese. Non aveva però tenuto conto delle notevoli spese di condominio e delle ingenti spese da sostenere per manutenere una abitazione in riva al mare.

Nel tempo, quindi, aveva dovuto accendere dei finanziamenti e/o ricorrere a carte revolving, per fronteggiare le spese condominiali.

Inoltre, il consumatore livornese, non aveva voluto disattendere il desiderio della figlia di studiare (con merito) presso una importante università privata. Anche per questo, egli aveva dovuto accendere due finanziamenti.

Alla fine la massa di debiti si era rivelata schiacciante e anche per lui erano in corso azioni esecutive dei creditori, in particolar modo la vendita della casa di abitazione.

Entrambi i piani del consumatore sono stati accettati e hanno previsto:

– la cessione ai creditori del TFR, al momento del pensionamento del debitore;

– il pagamento di una rata mensile (circa 800 euro), compatibile con i flussi finanziari del debitore;

– la sospensione di tutte le azioni esecutive (compresi pignoramenti sullo stipendio e azioni per la vendita della casa) e le devoluzioni volontarie del quinto dello stipendio.

Molto diverse sono state, però, le ulteriori decisioni prese dai due giudici:

Per il consumatore di Lucca, il giudice ha deciso:

– di concedere un piccolo abbattimento (9%) dei debiti complessivi;

– di non prevedere la maturazione di interessi durante il periodo di esecuzione del piano;

– di non prevedere particolari vincoli per il debitore in fase di esecuzione del piano; infatti, egli ha il solo obbligo di effettuare mensilmente i bonifici previsti per ciascun creditore e di inviare copia della ricevuta all’O.C.C.

 

Ben diversa la decisione presa dal giudice per il consumatore di Livorno, per il quale è stato previsto:

– che fossero pagati integralmente tutti i debiti;

– che fosse applicato l’interesse legale a favore della banca concedente il mutuo casa;

– che fosse inibita al consumatore la sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari di pagamento (carte di credito e/o di debito), e l’accesso al mercato del credito in ogni sua forma, per tutta la durata del piano;

– che, a cura dell’organismo di composizione della crisi, venisse data comunicazione all’attuale datore di lavoro (e futuri se del caso) delle seguenti decisioni del giudice:

1.      di pagamento dello stipendio mensile, nonché delle mensilità aggiuntive, e di ogni altro importo o somma riconducibile al rapporto di lavoro, soltanto attraverso bonifico sul conto corrente che sarà aperto dall’O.C.C. su Istituto Bancario a sua scelta e il cui IBAN provvederà a comunicare;

2.      della inibizione al consumatore dalla possibilità di richiedere anticipi del TFR;

– che, mensilmente, all’accredito dello stipendio del consumatore, l’O.C.C. provveda a effettuare i pagamenti previsti nel piano e, solo dopo, rilasci al consumatore la somma residua;

– che il contenuto del piano fosse pubblicizzato, sempre a cura dell’O.C.C., mediante comunicazione alla Banca d’Italia, nonché la pubblicazione sul sito internet del Tribunale di Livorno.

Come si vede, quindi, i due consumatori hanno entrambi ottenuto la risoluzione della propria condizione di sovraindebitamento, ma a condizioni che, se non sono troppo dissimili dal punto di vista economico, lo sono sicuramente dal punto di vista delle previsioni accessorie.

In conclusione, possiamo quindi dire che, nella proposta di piano del consumatore, il debitore deve analizzare attentamente le condizione della propria “meritevolezza”, al fine di calibrare al meglio la proposta e di essere preparato ai vari, possibili, scenari.

 

[1] Art. 9, comma 3 bis, Legge 3/2012.

[2] Trib. Lucca, ord. n. 415/15 del 27.10.2015.

[3] Trib. Livorno, ord. n. 9/15 del 15.03.2016.

 

 

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