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Equitalia, cartella di pagamento e opposizione al pignoramento PDF Stampa E-mail
Scritto da Nicola Tartaglia   
domenica 19 giugno 2016

Dalla notifica dell’atto prodromico (l’accertamento, la multa, la richiesta di pagamento) al pignoramento: ad Equitalia basta dimostrare la regolare notifica della cartella di pagamento e non anche l’esistenza del credito dell’ente.

 

Come ci si oppone a una cartella di pagamento e, in caso di scadenza dei termini, al successivo pignoramento di Equitalia? Per quanto internet sia pieno di “facili” guide su come contestare gli atti dell’Agente della Riscossione, non esiste una regola unica per tutti i casi, ma ogni vicenda va analizzata sulla base delle sue particolarità. Anche se, a ben vedere, esistono delle regole generali che consentono, quanto meno, di evitare inutili errori o il decorso dei termini di impugnazione. Li analizzeremo partendo da una recente sentenza della Cassazione [1] che ci offre lo spunto per fare una sintesi di questa articolata materia.

 

L’atto prodromico

La cartella di pagamento non è (quasi) mai il primo atto del fisco di cui il contribuente viene a conoscenza. Salvo rare eccezioni, il debitore viene prima avvisato della propria morosità con una richiesta di pagamento o un accertamento da parte dell’ente impositore, il quale gli notifica un’apposita intimazione scritta (in gergo tecnico viene chiamato “atto prodromico”). Se il debitore ritiene che l’importo non sia dovuto, o sia dovuto da un’altra persona, o sia errato nel calcolo, ecc. può sollevare, davanti al giudice, un’opposizione contro tale atto. Se non lo fa nei termini previsti dalla legge, l’atto si “solidifica”, ossia non diventa più impugnabile, almeno per quanto riguarda il “merito” della vicenda e il debito si considera come se fosse stato ammesso.

Lo stesso discorso avviene, ad esempio, anche per le multe stradali: prima di ricevere la cartella di pagamento, l’automobilista deve ricevere il verbale con la contestazione dell’infrazione. Contro quest’ultimo ha 30 giorni di tempo per presentare ricorso. Diversamente, non è più possibile alcuna contestazione.

Il fatto, però, che l’atto prodromico si sia solidificato per decorso dei termini ad impugnare (ma lo stesso effetto si può avere nel caso in cui il contribuente sollevi un’opposizione e questa venga rigettata dal giudice con sentenza divenuta definitiva) non implica che non vi siano più difese per il debitore. Infatti, il procedimento per la riscossione non termina qui…

 

La notifica della cartella di pagamento

Dopo l’atto prodromico viene notificata la cartella di pagamento con cui il contribuente viene messo in condizione di conoscere il proprio debito con lo Stato prima di subire un eventuale pignoramento.

Qualora il contribuente riceva la cartella senza aver mai ricevuto l’atto prodromico, può presentare opposizione al giudice; la cartella verrà così annullata.

Presentare, invece, ricorso contro la cartella perché la stessa è stata notificata in modo non corretto è un errore processuale: infatti, secondo la giurisprudenza, l’opposizione contro il vizio di notifica sana il vizio stesso. In parole semplici – secondo l’orientamento dei giudici – quando il ricorrente contesta la notifica dell’atto, non fa altro che ammettere che la notifica gli è comunque pervenuta; e questo è sufficiente per poterla considerare valida, in quanto gli ha consentito l’esercizio del diritto alla difesa. Dunque, la causa di nullità o annullabilità viene automaticamente meno. Che senso ha, allora, dire che una notifica è invalida se non la si può contestare (o meglio, se nel momento in cui la si contesta, essa viene automaticamente sanata?). In verità, l’unico modo per far valere il vizio della notifica è quello di attendere il successivo atto di Equitalia (un pignoramento, un fermo, un’ipoteca) e poi, contro quest’ultimo, sollevare l’opposizione sostenendo di non aver mai ricevuto la notifica della cartella stessa. Equitalia allora non avrà più scuse e, se non prova che la cartella è finita nelle mani del contribuente, perde la causa.

 

L’opposizione alla cartella di pagamento

Contro la cartella di pagamento si può presentare qualsiasi opposizione inerente a vizi di quest’ultima e non per vizi dell’atto prodromico che – come abbiamo detto al punto precedente – si sono ormai solidificati. Si parla infatti di “vizi propri della cartella” con riferimento all’unico tipo di contestazione che si può sollevare contro l’atto esattoriale. Ecco un elenco dei principali vizi propri della cartella (per una trattazione più completa leggi la guida: “Cartella di Equitalia, come si contesta”):

·         La mancata notifica dell’atto prodromico: si ha quando il contribuente riceve la notifica della cartella ma non ha mai ricevuto la richiesta di pagamento da parte dell’ente titolare del credito;

·         la notifica della cartella ad un soggetto diverso dal legittimato;

·         in caso di tentata notifica mentre il destinatario era momentaneamente assente da casa, il mancato invio a quest’ultimo della (seconda) comunicazione con cui lo si informa del deposito della cartella presso la casa comunale;

·         la prescrizione o la decadenza del diritto alla riscossione delle somme;

·         la mancata indicazione del responsabile del procedimento, necessaria in ogni cartella di pagamento;

·         l’inesatta o incompleta indicazione delle modalità e termini per fare ricorso al giudice;

·         la mancanza di pagine, all’interno del plico di Equitalia, che dovevano comporre la cartella di pagamento e la spiegazione delle ragioni per cui essa è stata inviata;

·         l’insufficiente motivazione della cartella (motivazione che può essere anche fornita con il semplice richiamo a un precedente atto già notificato al contribuente);

·         la carente spiegazione delle modalità di calcolo degli interessi, ecc.

Se la cartella non viene impugnata nei termini di legge (30 giorni per le multe, 40 per i debiti Inps e Inail, 60 giorni in tutti gli altri casi) anch’essa si solidifica. Ma anche in questo caso, il contribuente non perde totalmente le possibilità di difendersi. Passiamo, così, al terzo e ultimo gradino.

 

Il pignoramento di Equitalia

Quando la cartella è divenuta definitiva, Equitalia può passare alle maniere forti e, quindi, procedere al pignoramento dei beni del debitore (conto corrente, casa, automobile, pensione, stipendio, canoni di locazione, azioni, obbligazioni, beni mobili presenti in casa come gioielli, ecc.) o all’iscrizione di misure cautelari (fermo auto e ipoteca).

Il contribuente può opporsi al pignoramento, ma – similmente a quanto abbiamo visto sopra – non può opporre eccezioni per vizi relativi agli atti anteriori del procedimento (atto prodromico e cartella di pagamento). Sono solo due i tipi di contestazione che può sollevare il debitore:

·         mancata notifica della cartella di pagamento o notifica irregolare (v. quanto abbiamo detto nel paragrafo precedente “La notifica della cartella di pagamento”);

·         eventi avvenuti dopo la notifica della cartella, come ad esempio l’intervenuto pagamento, l’emissione di un provvedimento del giudice o di un’autorità amministrativa che ha sospeso l’efficacia esecutiva della cartella; ecc.

Qualora il contribuente si opponga al pignoramento di Equitalia, quest’ultima non ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza e la validità del credito fatto valere con l’esecuzione esattoriale, ma solo che il procedimento si basa su un titolo esecutivo, ossia la cartella esattoriale, validamente notificata. Spetta al contribuente, allora, l’onere della prova contrario e dimostrare che, dopo la notifica della suddetta cartella, si siano verificati fatti tali da privare quest’ultima della sua validità [1].

Secondo un recente orientamento della Cassazione, Equitalia può dimostrare l’esistenza della cartella anche solo depositando in giudizio l’estratto di ruolo. Se, invece, oggetto della contestazione del contribuente è l’omessa notifica della cartella, Equitalia si salva solo esibendo:

·         la relata di notifica del messo comunale: se la notifica è avvenuta a mani;

·         l’avviso di ricevimento della raccomandata a.r.: se la notifica è avvenuta per posta.

 

[1] Cass. sent. n. 12415/2016 del 16.06.2016. Secondo la Corte, ai fini dell’azione esecutiva intrapresa ai sensi degli artt. 49 e seg. del d.P.R. n. 602/1973, non è perciò necessario che l’Agente della riscossione dimostri l’esistenza del diritto di credito, ma è sufficiente che dimostri l’esistenza di un valido titolo esecutivo. È perciò sufficiente che l’Agente dimostri l’esistenza di una regolare iscrizione del credito e del debitore al ruolo esattoriale, così come reso esecutivo e trasmesso dall’ente impositore, nonché che dimostri la regolarità degli atti pre-esecutivi successivi (cartella di pagamento ed, eventualmente, intimazione di pagamento).

 

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