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Amministratore di società: il compenso deve essere certo PDF Stampa E-mail
Scritto da Nicola Tartaglia   
giovedì 16 giugno 2016

La natura onerosa dell’incarico e l’obbligo di pagare la retribuzione deve essere esplicitato dall’assemblea: in assenza di decisioni o di richieste da parte dell’amministratore quest’ultimo perde il diritto al compenso.

 

Se il contratto tra la società e l’amministratore non contiene alcun riferimento al compenso a questi dovuto per l’attività svolta; se, dal canto suo, l’amministratore non ha mai fatto richiesta di un corrispettivo e l’assemblea non ha mai deliberato sul punto, l’incarico si deve ritenere a titolo gratuito. Dunque, l’amministratore, in tali ipotesi, non può rivendicare alcun tipo di compenso per l’opera prestata negli anni, anche se si è prodigato nell’interesse della società stessa. È quanto ha chiarito il tribunale di Roma in una recente sentenza [1].

La vicenda

L’amministratore di una società, dopo aver svolto l’incarico in modo diligente per 16 anni, chiedeva il pagamento del corrispettivo, senza però aver mai avanzato alcuna domanda nel corso degli anni. Proprio per via della sua inerzia il tribunale ne rigettava la domanda.

Il compenso all’amministratore

Il codice civile [2] riconosce agli amministratori delle società di capitali il diritto a un compenso per l’attività svolta in esecuzione del mandato ricevuto. Come infatti chiarito in passato dalla Cassazione, l’attività professionale da questi svolta si presume a titolo oneroso [3]. Tuttavia, non esistono dei compensi prestabiliti dalla legge secondo tabelle: pertanto, se da un lato è possibile che gli amministratori accettino una retribuzione bassa rispetto al lavoro svolto, dall’altro lato è anche possibile che essi possano rinunciare del tutto al compenso non solo espressamente, ma anche con un comportamento tacito purché inequivoco.

Posto allora che il compenso dell’amministratore non può essere determinato da elementi esterni, è sempre necessario che su di esso (e sul suo ammontare) deliberi l’assemblea (salva la presenza di apposite clausole nello statuto). Diversamente, il fatto che l’amministratore continui ad esercitare il proprio mandato senza rivendicare nulla costituisce un comportamento concludente tale da far ritenere che questi abbia rinunciato al compenso.

Nel caso in esame, lo statuto della srl prevedeva che i soci avrebbero potuto assegnare un compenso annuo agli amministratori. Tuttavia, l’assemblea non aveva previsto un corrispettivo né l’attore, negli anni in cui aveva ricoperto l’incarico, aveva chiesto una delibera per l’attribuzione di emolumenti. Si deve dunque ritenere – conclude il Tribunale – che l’amministratore “abbia manifestato un comportamento concludente, ponendo in essere, di fatto, una rinunzia tacita all’assegnazione di compensi per l’attività svolta” in favore della società

 

[1] Trib. Roma, sent. del 4.05.2016.

[2] Art. 2389 cod. civ.

[3]Cass. sent. n. 16764/2005.

 

 

 

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