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Bonus prima casa negato se l’inquilino non lascia l’immobile PDF Stampa E-mail
Scritto da Nicola Tartaglia   
martedì 28 giugno 2016

Non costituisce un oggettivo impedimento al trasferimento della residenza nel nuovo immobile, entro i 18 mesi dall’atto notarile di acquisto, il fatto che l’inquilino non sia ancora andato via dall’appartamento.

Addio detrazioni fiscali sull’acquisto prima casa se il proprietario dell’immobile non trasferisce la propria residenza nel Comune ove questo è situato entro 18 mesi dal rogito: non vale, come scusa, il fatto che il precedente inquilino che abitava l’appartamento non abbia ancora abbandonato l’appartamento così impedendo il trasloco. È quanto chiarito dalla Cassazione con una sentenza depositata oggi [1].

Si arricchisce la fitta serie di sentenze della Suprema Corte sulla questione relativa alle cause di forza maggiore che, legittimamente, impediscono il trasferimento di residenza nel nuovo immobile, acquistato con il bonus prima casa: per non perdere i benefici fiscali, sostengono i giudici a più riprese, l’impedimento deve essere oggettivo e non prevedibile al momento del rogito. Quando invece la causa impeditiva è già individuabile all’atto della firma del contratto definitivo, è impossibile giustificare il contribuente che non abbia trasferito la propria residenza nel termine categorico dei 18 mesi.

Numerose, ad esempio, sono state le pronunce che hanno ritenuto che la mancata ultimazione dei lavori di ristrutturazione, protrattisi oltre il previsto, non è una valida ragione per poter ritenere in buona fede il nuovo proprietario e, quindi, rivendicare il diritto alla conservazione dei benefici fiscali. In questi casi, infatti, l’Agenzia delle Entrate recupera le imposte non pagate (IVA al 20% e non al 4% se si acquista da costruttore; imposta di registro al 9% e non al 2% se si compra da privato).

Il capitolo “inquilino moroso”, barricatosi in casa, che non ne vuol sapere nulla di andare via, è un altro aspetto assai delicato. Qui, però, l’indirizzo della Cassazione è più univoco. Secondo i giudici, il mancato rilascio del conduttore non costituisce una causa di forza maggiore che autorizza il contribuente a non trasferire la residenza nell’immobile entro i diciotto mesi previsti dalla legge.

Non basta a dimostrare la buona volontà del nuovo proprietario il tempestivo invio della disdetta del contratto di locazione o il fatto che questi sia ricorso a un avvocato affinché invii una diffida formale per l’abbandono del tetto: tali elementi non spostano l’ago della bilancia.

Nella sentenza in commento la Cassazione chiarisce ancora una volta, in via generale, che per “causa di forza maggiore” si intende solo “quella imprevedibile e sopravvenuta che non dipende da un comportamento addebitabile anche a solo titolo di colpa” (ad esempio, la morte dell’acquirente, il ritrovamento di reperti archeologici, improvvise infiltrazioni d’acqua, ecc.). Fatta questa precisazione, la Suprema Corte riporta alcuni esempi di cause di forza maggiore che consentono al contribuire di usufruire del beneficio: i Comuni dell’Umbria e dell’Emilia (terremoto del 2012) sono un esempio lampante. Non solo tali Comuni hanno visto ridotto il “proprio patrimonio abitativo, ma anche la creazione di numerose zone cosiddette rosse interdette per molto tempo all’accesso”. Questa sì – chiosa la Corte – che è una effettiva causa di forza maggiore. Invece, il fatto che l’inquilino non voglia abbandonare “con le buone” l’appartamento è, purtroppo, un’ipotesi tutt’altro che eccezionale nel nostro Paese. Sicché il nuovo acquirente dell’immobile “beneficiato” è tenuto a preventivare questo rischio se vuol godere delle agevolazioni fiscali.

Nel caso di coniugi con residenze diverse

Ai fini dell’agevolazione prima casa, inoltre, il requisito della residenza nell’abitazione (da spostare, come detto, entro 18 mesi dal rogito) è riferito alla “famiglia”; pertanto uno dei coniugi può anche evitare il cambio all’anagrafe entro i diciotto mesi, nell’immobile acquistato in comunione legale, in quanto marito e moglie sono tenuti solo alla coabitazione. Per ottenere il bonus fiscale comunque resta necessario provare la composizione del nucleo e che l’immobile è la residenza familiare. Anche questo concesso è stato chiarito stamane dalla Cassazione [2].

Come evitare le sanzioni

Con una recente circolare [3], l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come può ridurre il rischio di sanzioni chi non riesce a trasferire la propria residenza nel nuovo immobile entro 18 mesi o non riesce a vendere l’immobile precedentemente acquistato con i benefici fiscali entro 1 anno dal nuovo acquisto. Di questo abbiamo parlato in modo approfondito nell’articolo: “Bonus prima casa: come non pagare le sanzioni”. In particolare il contribuente può:

·         prima della scadenza dei 18 mesi, revocare l’impegno fatto all’atto dell’acquisto dell’immobile agevolato, presentando apposita istanza all’Agenzia delle Entrate dove è stato registrato l’atto; in tal caso, egli pagherà l’imposta di trasferimento in misura ordinaria al netto di quanto da lui già versato in sede di registrazione (ossia IVA al 20% o imposta di registro al 9%) e i relativi interessi, senza applicazione di sanzioni;

·         se i 18 mesi sono scaduti egli perde l’agevolazione, ma può ricorrere al ravvedimento operoso.

 

[1] Cass. sent. n. 13346/16 del 28.06.16.

[2] Cass. sent. n. 13334/2016 del 28.06.2016.

[3] Ag. Entrate circolare n. 27/E del 13.06.2016.

 

 

 

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