Home arrow Press Room arrow Mutui a Privati arrow Agevolazioni prima casa: se i coniugi hanno residenza diversa
Agevolazioni prima casa: se i coniugi hanno residenza diversa PDF Stampa E-mail
Scritto da Nicola Tartaglia   
mercoledì 29 giugno 2016

In caso di acquisto di un immobile, non conta il fatto che il marito non abbia trasferito, come la moglie, la residenza nella nuova casa nei 18 mesi se tale appartamento è stato destinato a residenza della famiglia.

Via libera della Cassazione al bonus prima casa qualora i coniugi abbiano residenza diversa; non conta infatti che solo il marito o solo la moglie abbia trasferito, nei 18 mesi successivi all’acquisto, la propria residenza: quel che davvero rileva è che sia stato dichiarato che nel predetto immobile la famiglia abbia la sua residenza. È quanto chiarito dalla Cassazione con una sentenza pubblicata ieri [1].

In pratica, si può ottenere l’agevolazione “prima casa”, nell’ipotesi di acquisto effettuato da due coniugi, non soltanto se entrambi risiedono nel Comune dove l’abitazione è ubicata, ma anche se risiedono in due Comuni diversi, a condizione però che:

1.      l’immobile acquistato sia ubicato in uno di questi Comuni;

2.      in tale Comune la famiglia (considerata nel suo insieme) abbia la sua residenza;

3.      si tratti di un acquisto compiuto in regime di comunione legale dei beni.

Dunque, per ottenere l’agevolazione “prima casa”, nel caso di acquisto effettuato da due coniugi, non è necessario che entrambi risiedano nel Comune ove è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto, ben potendo conservare una residenza diversa: in tal caso, però, l’agevolazione sarà mantenuta solo alle predette tre condizioni.

La residenza nel Comune ove si trova l’immobile

Come noto, il bonus prima casa si può ottenere solo se la casa “agevolata” si trova:

– nel Comune in cui l’acquirente ha già la sua residenza oppure nel quale egli stabilirà la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito d’acquisto;

– oppure nel Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività di lavoro o di studio;

– oppure nel Comune in cui ha sede il datore di lavoro dell’acquirente, se si tratta di un acquirente trasferito all’estero per ragioni di lavoro;

– oppure in qualsiasi Comune italiano, se si tratta di un acquirente cittadino italiano emigrato all’estero, che non abbia altre case sul territorio italiano.

Dunque, se all’atto dell’acquisto del nuovo immobile “agevolato”, il contribuente non ha già trasferito la propria residenza ove si trova detto immobile, lo può fare entro i successivi 18 mesi. In caso contrario, perderà le agevolazioni di cui ha usufruito (Iva al 4% oppure imposta di registro al 2%, invece che rispettivamente al 20% o al 9%) e dovrà pagare allo Stato le maggiori imposte.

L’immobile acquistato in comunione dei beni

Ma che succede nel caso in cui l’immobile sia stato acquistato da una coppia di coniugi in comunione dei beni, per cui la nuova casa entra nel patrimonio di entrambi? Il requisito della residenza deve riguardare sia il marito che la moglie o può, invece, essere rispettato solo da uno dei due?

La sentenza in commento apre le porte a un’estensione dei benefici fiscali che, almeno dal tenore letterale della norma, non era inizialmente ritenuta possibile. Infatti, a rigore, si era ritenuto in passato che, nel caso di acquisto effettuato da due coniugi, ai fini dell’ottenimento dell’agevolazione “prima casa”, entrambi dovessero avere (o trasferire nei successivi 18 mesi) la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto agevolato. Affermare, dunque, che l’agevolazione spetta anche se uno dei due coniugi non abbia questo requisito della residenza, significa senz’altro guardare la normativa in questione con un’ottica assai estensiva.

La Corte arriva a questo risultato ricorrendo al concetto di “residenza della famiglia” quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi; cosicché, una volta provato che la casa oggetto di acquisto agevolato è destinata ad ospitare appunto la “residenza della famiglia”, non importa poi che uno dei coniugi abbia altrove la propria residenza (“in considerazione del fatto che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione, sicché un’interpretazione della legge tributaria, che del resto parla di residenza e non di residenza anagrafica, conforme ai principi del diritto di famiglia, porta a considerare la coabitazione con il coniuge acquirente come elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari”).

[1] Cass. sent. n. 13334/16 del 28.06.2016.

 

 

 

RICHIEDI CONSULENZA SU QUESTO ARGOMENTO

 

Ultimo aggiornamento ( domenica 17 luglio 2016 )
 
< Prec.   Pros. >