Equitalia: chi rateizza interrompe la prescrizione
Scritto da Nicola Tartaglia   
luned́ 06 giugno 2016

Domanda di dilazione del pagamento delle cartelle di Equitalia: il riconoscimento del debito non sempre interrompe la prescrizione.

 

Cartelle di pagamento: la domanda di dilazione del debito presentata a Equitalia (cosiddetta rateazione) interrompe la prescrizione; per cui, se hai qualche cartella esattoriale la cui prescrizione si sta per compiere, potrebbe essere più conveniente attendere di far scadere detto termine.

Ma come deve comportarsi chi, invece, intende chiedere la dilazione solo per evitare problemi più gravi come, ad esempio, un pignoramento? In questo caso, la giurisprudenza ha sempre riconosciuto la possibilità di una dichiarazione espressa, da parte del debitore che paga, in cui manifesta espressamente l’intenzione di non riconoscere il debito e di riservarsi la possibilità di ricorrere comunque al giudice. Ma procediamo con ordine.

Secondo alcuni giudici, tra cui la Corte di Appello di Roma [1], la domanda di rateazione di un debito con una pubblica amministrazione costituisce un tacito atto di riconoscimento del credito altrui. Opera, pertanto, la norma del codice civile [2] secondo cui il riconoscimento del diritto del creditore, fatto dal debitore, interrompe la prescrizione. Tale riconoscimento può avvenire sia con una dichiarazione espressa (si pensi a una lettera inviata al creditore in cui ci si confessi debitore di un dato importo) che con un comportamento concludente come, ad esempio, il pagamento dell’intero importo dovuto o la richiesta di dilazione del debito.

Del resto, se la richiesta di rateizzo non interrompesse la prescrizione si avrebbero risultati iniqui. Per comprenderlo, dobbiamo ricorrere a un esempio. Si pensi al caso di un contribuente che, residuando ancora tre anni perché si compia la prescrizione dei propri debiti con Equitalia, presenti un’istanza di rateazione al solo fine di prendere tempo. Si sa, infatti, che, a rateazione accordata, Equitalia ha le mani legate: non può infatti compiere alcun atto esecutivo, né può notificare nuove richieste di pagamento; in particolare non può avviare un pignoramento o notificare una intimazione di pagamento. Se così facesse, detti atti sarebbero impugnabili e annullabili con un ricorso al giudice. Insomma, l’agente della riscossione è, a rateazione in corso, impossibilitato a inviare atti interruttivi della prescrizione ed, essendo obbligato per legge a concedere la dilazione, sarebbe in un certo senso partecipe del gioco truffaldino del contribuente.

Dall’altro lato, però, è anche vero che, molto spesso, si assiste a situazioni in cui il contribuente chiede la rateazione non già perché intende riconoscere il debito, ma perché vuol momentaneamente evitare conseguenze per lui peggiori come il fermo amministrativo dell’auto o il pignoramento dello stipendio che lo potrebbe mettere in cattiva luce con l’azione dove lavora. In tal caso, dunque, l’unico modo per bloccare eventuali azioni di Equitalia è proprio la richiesta di rateazione e, quindi, iniziare a pagare. Salvo poi, in un momento successivo, procedere al ricorso.

La CTP di Caltanissetta [3], a riguardo, ha chiarito che la richiesta di rateazione, in ambito tributario, non può costituire acquiescenza del debito in quanto essa potrebbe essere dettata dall’esigenza di evitare effetti pregiudizievoli come il blocco del conto corrente, il pignoramento della pensione o l’ipoteca sulla casa.

L’unica soluzione potrebbe essere quella di chiarire, con un atto scritto indirizzato a Equitalia e accompagnato alla stessa richiesta di rateazione, che alla domanda di dilazione di pagamento non va attribuito il significato di un riconoscimento del proprio debito, in quanto rivolta soltanto a evitare l’esecuzione forzata. Insomma, il contribuente si riserverebbe, in modo espresso, il diritto di agire in via giudiziale, togliendo all’istanza di rateazione il significato di un comportamento concludente.

 

[1] C. App. Roma, sent. n. 6602/2014.

[2] Art. 2944 cod. civ.

[3] CTP Caltanissetta, sent. n. 1072/2014.

 

 

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