La casa al riparo dai debiti col fisco ed Equitalia: donazione o vendita?
Scritto da Nicola Tartaglia   
mercoledì 07 settembre 2016


Ho maturato un debito per un accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate e per proteggere la casa da eventuali pignoramenti di Equitalia, il notaio ci ha sconsigliato la donazione, perché sarebbe soggetta a revocatoria; ci è stato detto che la vendita a terzi è più sicura, ma se i soldi della vendita spariscono scatterebbe un reato. Posso vendere la casa ai miei figli, pagandola al prezzo di mercato?

 

L’azione revocatoria, che il creditore può proporre entro cinque anni dal compimento dell’atto di cessione del bene immobile, può essere esperita tanto nel caso di vendita quanto di donazione. È corretto quello è stato detto al lettore con riferimento, quindi, alla donazione, ma ciò vale anche nel caso di vendita. Con alcune precisazioni, di non poco conto che dovrebbero, comunque, portare a preferire sempre la vendita.

Nel solo caso di donazione (non quindi per la vendita), se il creditore iscrive il proprio pignoramento immobiliare entro un anno dalla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di cessione dell’immobile al donatario, può pignorare la casa anche senza bisogno di azione revocatoria, ma in via diretta nei confronti del nuovo titolare (appunto il donatario). È questa una possibilità offerta dall’ultima riforma della giustizia del 2015 [1]. Oltre il termine di un anno, però, restano ancora altri 4 anni per esercitare la revocatoria ordinaria (termine che, come detto, è di complessivi 5 anni dall’atto).

Nel caso di vendita, invece, l’azione revocatoria – che, come anticipato, è comunque esperibile nei cinque anni successivi alla trascrizione dell’atto – è più difficile perché il creditore ha un onere della prova più complesso davanti al giudice. Cercherò di illustrarli qui di seguito.

I requisiti soggettivi per l’ammissibilità dell’azione revocatoria richiedono, tanto per la donazione, quanto per la vendita, la prova che il debitore fosse consapevole del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore o che, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto stesso fosse dolosamente preordinato al fine specifico di frode [2]. La consapevolezza del pregiudizio consiste nella coscienza di non aver altri beni sui quali i creditori potrebbero soddisfarsi.

Però, se per la revocatoria della donazione è sufficiente dimostrare quanto appena detto per rendere inefficace l’atto, per la revocatoria della vendita (a chiunque effettuata, sia a terzi che a parenti) richiede un’ulteriore prova: la consapevolezza, anche nel terzo acquirente, che, mediante l’atto di disposizione, il debitore diminuisca il proprio patrimonio, e quindi la garanzia spettante ai creditori in modo tale da recare pregiudizio alle ragioni di costoro; la relativa prova può essere data anche mediante presunzioni [3]. Insomma è necessario provare la consapevolezza anche da parte del terzo del pregiudizio arrecato al creditore. Una prova che, certamente, è più facile dare con riferimento a familiari – che potrebbero essere a conoscenza dei debiti del proprio parente – che non rispetto a terzi estranei, che nulla sanno in merito alle vicende personali del debitore.

Si richiede, comunque, che il rimanente patrimonio del debitore non offra sufficiente garanzia; in caso contrario, non vi è danno per il creditore.

Nel caso di vendita, tuttavia, la normativa sull’antiriciclaggio richiede lo spostamento effettivo del denaro da un conto a un altro: il tutto, quindi, non potrebbe avvenire “fittiziamente” tra le parti; sarebbe peraltro palese lo scopo elusivo e, dunque, il giudice potrebbe qualificare l’atto di vendita come una simulata donazione, assoggettandola al regime giuridico di quest’ultima.

Alternativa alla vendita a terzi – che presenterebbe maggiori garanzie sul piano giuridico per chi si spoglia del bene – è il trust, sebbene i costi dell’operazione lo rendano appropriato solo per rilevanti patrimoni.

È anche vero – come riferisce il lettore – che, in caso di sottrazione della somma derivante dalla vendita, il debitore incorre nel reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

In ultimo, si fa presente che l’ipoteca non è una misura di pignoramento o di esecuzione forzata, ma solo una garanzia a favore del creditore, che nulla toglie alla proprietà o alla disponibilità del bene da parte del debitore. Quest’ultimo quindi potrebbe continuare a vivere nell’immobile, usarlo e persino alienarlo nonostante la predetta ipoteca. Si tenga poi conto che, se si tratta dell’unico immobile di proprietà del debitore, adibito ad abitazione e residenza (purché non di lusso), esso non potrà mai essere pignorato da Equitalia. Sicché l’ipoteca costituirà solo una misura “virtuale”, con scarsi effetti pratici. Se, dunque, il debitore è intestatario di altre case, potrebbe tutt’al più pensare di alienarle in modo da rimanere titolare di un unico immobile, rendendolo così impignorabile da Equitalia.

 

[1] Approvata con D.l. n. 83/2015.

[2] Art. 2901 cod. civ.

[3] Cass. sent. n. 8930/1987, n. 4077/1996.

 

 

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