Interessi corrispettivi e moratori: come calcolare il tasso di interesse
Scritto da Nicola Tartaglia   
venerd́ 22 luglio 2016

Vi è la presunzione che la disponibilità di una somma di denaro determini dei vantaggi o benefici economici per colui che la possiede. Al fine di riequilibrare questa situazione che determina vantaggi al debitore della somma, e, dall’altro, svantaggi al creditore, sono previsti gli interessi, che si possono distinguere principalmente in interessi corrispettivi ed interessi moratori e che vengono calcolati prendendo come base un dato parametro, definito tasso d’interesse.

La disciplina del codice civile prevede che i crediti liquidi (ossia il cui importo è determinato o determinabile con semplici operazioni di calcolo) ed esigibili di somme di denaro producano interessi di pieno diritto. Ciò non accade se la legge o il titolo stabiliscono diversamente. Questi interessi sono detti corrispettivi e sono dovuti anche in mancanza di accordi precedenti nella misura (saggio o tasso) legale. La caratteristica degli interessi è di essere determinata secondo un tasso (cd. proporzionalità) da corrispondersi a periodi predeterminati (cd. periodicità).

Il legislatore, consapevole della difficoltà di provare il danno determinato dall’inadempimento nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di denaro, con l’art. 1284 c.c. ha stabilito che sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se però prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori, ai sensi dell’art. 1224 c.c., sono dovuti nella stessa misura.

Il tasso degli interessi legali è stabilito dall’art. 1284 c.c., che prevede che il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Re- pubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo. Il saggio degli interessi legali — già fissato nella misura del dieci per cento in ragione di anno — è stato portato, a decorrere dal 1° gennaio 1997, al 5 per cento dall’art. 2, comma 185, l. 23 dicembre 1996, n. 662, al 2,5 per cento dal d.m. 10 dicembre 1998 (G.U. 11 dicembre 1998, n. 289), a decorrere dal 1° gennaio 1999, al 3,5 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2001, dal d.m. 11 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 15 dicembre 2000, n. 292), al 3 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2002, dal d.m. 11 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 14 dicembre 2001, n. 290) e al 2,5 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dal d.m. 1° dicembre 2003 (Gazz. Uff. 10 dicembre 2003, n. 286).

Al saggio legale si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.

Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale.

Il creditore, se non ha pattuito la misura degli interessi moratori, può ottenere un risarcimento determinato secondo le modalità ordinarie, se dimostra di aver subito un danno maggiore, rispetto a quello risarcito con il pagamento di detti interessi. Non può invece ottenere un risarcimento ulteriore se ha pattuito la misura degli interessi moratori.

Si è quindi affermato che nelle obbligazioni pecuniarie l’inflazione non consente un automatico adeguamento dell’ammontare del debito, né costituisce di per sé un danno risarcibile, ma può implicare, in applicazione dell’art. 1224, comma 2, c.c., solo il riconoscimento in favore del creditore, oltre che degli interessi, del maggior danno che sia derivato dall’impossibilità di disporre della somma durante il periodo della mora, nei limiti in cui il creditore medesimo deduca e dimostri che un pagamento tempestivo lo avrebbe messo in grado di evitare o ridurre quegli effetti economici depauperativi che l’inflazione produce a carico di tutti i possessori di denaro.

In particolare, e sempre nei limiti degli elementi forniti dal danneggiato, il suddetto principio può comportare, in favore del creditore esercente attività imprenditoriale, la considerazione del mancato impiego del denaro nel ciclo produttivo, ovvero della necessità di avvalersi del prestito bancario, e quindi il calcolo forfettario del danno in questione, rispettivamente, alla luce dei proventi medi dell’attività imprenditoriale o del costo del prestito bancario (App. Roma, 16 giugno 2005, n. 2751).

Ed ancora si è precisato che quando il maggior danno cui fa riferimento l’ultimo comma dell’art. 1224 c.c. sia costituito dalla svalutazione monetaria, il relativo ulteriore risarcimento spettante al creditore consiste nella differenza tra il saggio di interessi legali e il tasso della svalutazione, con la conseguenza che va riconosciuta la sola rivalutazione dal giorno della messa in mora, ove la relativa entità sia superiore al tasso degli interessi legali. Comunque, in caso di inadempimento di obbligazioni pecuniarie, deve escludersi la possibilità di cumulo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, essendo consentito soltanto allegare l’esistenza di un maggior danno rispetto agli interessi ai sensi dell’art. 1224 c.c. (Cass., 6 maggio 2005, n. 9392).

I crediti per i canoni di affitto e di locazione (crediti per fitti e pigioni), se non è diversamente pattuito, producono interessi solo dalla data della costituzione in mora del debitore (art. 1282 c.c.).

Il credito per rimborso di spese fatte per cose da restituire non produce interessi per il periodo in cui, chi ha sostenuto le spese, abbia goduto della cosa senza corrispettivo e senza essere tenuto a render conto del godimento.

Il credito produce automaticamente interessi se si tratta di credito per cui la costituzione in mora non è necessaria (come nelle ipotesi di debito che deriva da fatto illecito, di debitore che abbia dichiarato per iscritto di non voler adempiere, se è scaduto il termine e la prestazione va eseguita al domicilio del creditore). Negli altri casi, come ad esempio nelle ipotesi in cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore, sarà necessaria la costituzione in mora del debitore mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto.

Fondamentale importanza riveste in materia di interessi il d.lgs. 231 del 2002 (attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di paga- mento nelle transazioni commerciali).

Detta normativa si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. Per transazioni commerciali si intendono i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo.

Sono esclusi dall’ambito di applicazione del decreto:

– i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore;

– le richieste di interessi inferiori a 5 euro;

– i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno ivi compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.

Salvo diverso accordo tra le parti, il saggio degli interessi è determinato in misura pari al saggio d’interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca Centrale Europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di sette punti percentuali. Il saggio di riferimento in vigore il primo giorno lavorativo della Banca Centrale Europea del semestre in questione si applica per i successivi sei mesi.

Il d.lgs. n. 231/2002 sancisce, altresì, che il creditore ha diritto al risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrispostegli, salva la prova del maggior danno, ove il debitore non dimostri che il ritardo non sia a lui imputabile.

Per quanto riguarda i rapporti di subfornitura la l. 18 giugno 1998, n. 192 stabilisce che, in caso di mancato rispetto del termine di pagamento, il committente deve al subfornitore, senza bisogno di costituzione in mora, un interesse determinato in misura pari al saggio d’interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca Centrale Europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di sette punti percentuali, salva la pattuizione tra le parti di interessi moratori in misura superiore e salva la prova del danno ulteriore. Il saggio di riferimento in vigore il primo giorno lavorativo della Banca Centrale Europea del semestre in questione si applica per i successivi sei mesi. Ove il ritardo nel pagamento ecceda di trenta giorni il termine convenuto, il committente incorre, inoltre, in una penale pari al 5% dell’importo in relazione al quale non ha rispettato i termini.

In materia di crediti di lavoro è stabilito che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme, deve determinare, oltre agli interessi in misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto (art. 429 c.p.c.). L’obbligo di pagare somme in conseguenza di debiti di lavoro è quindi soggetta a rivalutazione, senza che il lavoratore debba provare il “maggior danno”.

IN PRATICA

Gli interessi corrispettivi sono prodotti, anche in mancanza di accordo, nel caso in cui siano dovute somme di denaro liquide ed esigibili e sono determinati secondo un tasso di interesse da corrispondere secondo date periodicità.

Gli interessi moratori, invece, sono dovuti dal giorno della mora e perseguono lo scopo di indennizzare il creditore del danno subito dal ritardo nel pagamento, anche se lo stesso non è esattamente quantificabile.

Il tasso d’interesse è determinato dall’art. 1284 c.c., il quale stabilisce anche che, annualmente, il Ministro del Tesoro può modificarne la misura, tenuto conto del tasso d’inflazione registrato nell’anno. La pattuizione di interessi superiori alla misura legale deve essere provata per iscritto.

Ancora in materia di interessi, assumono rilevanza il d.lgs. 231/2002, applicabile ai pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo nelle transazioni commerciali, la l. 192/1998, in materia di appalti di subfornitura e l’art. 429 c.p.c., per quanto concerne i crediti di lavoro.

 

 

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