Interessi non dovuti alla banca, entro quanto tempo la restituzione
Scritto da Nicola Tartaglia   
venerd́ 29 luglio 2016

Prescrizione: il correntista che si sia accorto di aver versato alla propria banca degli interessi passivi non dovuti o eccessivi ha dieci anni di tempo per chiedere la restituzione.

Dieci anni di tempo al correntista per chiedere, alla propria banca, la restituzione degli interessi non dovuti: il termine inizia a decorrere dalla chiusura del conto corrente e non da quando è avvenuto il pagamento. Risultato: il cliente ha più tempo per agire eventualmente in tribunale prima della prescrizione del proprio diritto. È quanto ricorda il tribunale di Vicenza con una recente sentenza [1].

Se ti sei accorto che la tua banca ti ha addebitato, sul conto o sulle rate del mutuo, degli interessi in misura eccessiva a quella dovuta per legge, perché ad esempio ha sforato il tetto dell’usura (cosiddetti interessi usurari) o perché ha calcolato gli interessi non solo sulla somma prestata ma su una somma maggiore, ossia sul capitale finanziato + interessi già scaduti e non pagati (cosiddetto anatocismo), sappi che, per chiedere la restituzione del maltolto hai 10 anni di tempo. È questo il cosiddetto termine di prescrizione che, in tali casi, decorre dalla data di chiusura del conto (e non da quella in cui è avvenuto il singolo pagamento durante il rapporto di conto corrente). Questo significa che se il correntista non ha ancora estinto il conto può stare tranquillo perché ha ancora tutto il tempo per agire.

Entro i predetti dieci anni il correntista può rivolgersi al giudice, attraverso un avvocato, e presentare la cosiddetta azione di ripetizione dell’indebito, ossia una causa volta a verificare se i conteggi fatti dalla banca, ai fini del calcolo degli gli interessi sono corretti o meno: tanto per verificare, ad esempio, la presenza di interessi usurari, anatocismo, somme per Commissione di massimo scoperto in assenza di pattuizione, spese di chiusura periodica del conto ogni tre mesi, ecc.

Il giudice nominerà il cosiddetto CTU, ossia un consulente tecnico d’ufficio che rilascerà una perizia. Se la tesi del cliente dovesse risultare confermata, il tribunale condannerà la banca alla restituzione della differenza, con gli interessi e le spese che hai sostenuto per la causa.

Prima di agire è però necessario procurarsi un documento che confermi i sospetti del correntista, ossia una relazione di un commercialista o di altro esperto del settore che ricalcoli tutte le movimentazioni, evidenziando la posizione di credito del consumatore.

Tornando al problema della prescrizione, la sentenza in commento ricorda che, sul punto, già le sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito [2] che: l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità degli interessi collegati a un contratto di fido (cosiddetta “apertura di credito bancario”) regolato in conto corrente, si prescrive in 10 anni, che partono dalla chiusura del conto, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati.

È vero, il codice civile [3] stabilisce che se il cliente della banca non contesta entro sei mesi l’estratto conto, inviatogli dalla banca stessa, le operazioni si considerano confermate. Ma questa regola non impedisce la contestazione della validità e dell’efficacia dei pagamenti singoli [4].

[1] Trib. Vicenza, sent. n. 918 dell’11.05.2016.

[2] Cass. S.U. sent. n. 24418/2010. L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati». «Infatti – come chiarito dalla Cassazione in altra pronuncia (Cass. sent. n. 6857/2014) – ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’”accipiens”».

[3] Art. 1832 cod. civ.

[4] Cass. sent. n. 11626/2011.

 

 

 

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